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Luciano Sbaraglia

È dal 2018 che lavoro in Teach First Germany a Berlino. Prima di questa esperienza, una volta completato il mio dottorato in scienze politiche, ho lavorato freelance per i media tedeschi. I partecipanti al programma di Teach First Germany vengono generalmente inviati in scuole svantaggiate, quelle che in tedesco chiamiamo “scuole problematiche”, solitamente in periferia, lontani dagli sfavillanti centri cittadini.

Molti colleghi dicono che durante i due anni del programma Teach First Germany vedono livelli di disuguaglianza sociale che non avevano mai immaginato prima, anche in uno dei paesi industriali più ricchi del mondo, come la Germania. Io, al contrario, sono sempre stato profondamente consapevole della disuguaglianza sociale presente nella società tedesca: ne ho fatto esperienza quando ero io ad essere studente: nella mia scuola il 50% degli studenti non terminava gli studi. È stato anche per questo mio background che ho abbracciato la missione di Teach First Germany: ero uno studente fallito, sono stato espulso diverse volte e ho persino avuto problemi con la legge, perdendo di vista il mio futuro.

Con un passato del genere, ho avuto una spinta unica per entrare nel programma di Teach First Germany. Non mi interessava essere inserito in un programma di Leadership né volevo potenziare il mio CV. Teach First mi ha dato la possibilità di diventare più di un normale insegnante. Entrare in questo programma non significa solo cercare di insegnare in modo straordinario, avendo un impatto accademico sui tuoi studenti: significa fare la differenza nella vita dei tuoi studenti. Questa opportunità mi ha attratto completamente.

Insegnare all’interno del programma di Teach First Germany mi offre ogni giorno sfide – e problemi – che non avrei potuto immaginare. A volte fai semplicemente del tuo meglio in modo che gli studenti possano colmare le lacune che hanno accumulato negli ultimi anni oppure provi ad aiutarli quando hanno difficoltà con abilità di base, come leggere e scrivere. Altre volte gli studenti hanno solo bisogno di qualcuno che non sia né un insegnante né un assistente sociale, che possa dedicare loro del tempo, ascoltando la loro storia, qualunque essa sia.

Posso onestamente dire che questo è il lavoro più stressante che abbia mai avuto, ma allo stesso tempo è anche il più soddisfacente. Quando senti da uno studente la frase “Non ho fallito”, ti rendi conto che non sta solo parlando dell’ultimo esame di matematica, ma anche del suo recuperare un posto nel futuro e nella società, e così capisci che tutti i tuoi sforzi non sono stati vani, e ti rendi conto che forse, nel tuo piccolo, hai davvero cambiato il mondo.